perché vuoi leggere?

una delle domande che vi voglio fare (non so bene a chi, è un “vi” immaginario) è: per quale ragione leggete?

esistono diverse risposte:

  • chi rincorre il mito dell’evasione dalla quotidianità
  • chi per il piacere del leggere pagine ben scritte
  • chi per studio o lavoro
  • chi per approfondire argomenti che sono passioni, hobby
  • chi perché gli altri l’hanno letto
  • chi per vivere le vite degli altri (una declinazione del primo punto più positiva e immaginifica) [+monica]
  • chi per recuperare i classici [+did]
  • chi per rilassarsi [+claudia]
  • varie ed eventuali che al momento non mi vengono in mente

credo di essere passato per ognuno di quei punti, più volte e ho capito una cosa che sono pronto a condividere con voi (si, sempre “voi”).

a seconda di dove mi trovavo, in uno di quei punti, la spinta e la motivazione, sono state differenti. molto. tanto da farmi andare a velocità non comparabili.

oggi, analizzando tutto con voluto distacco, direi che a ognuno di quei punti corrisponde un’azione diversa. si certo, si leggono parole e girano pagine ma se cambia la radice viene su una pianta diversa.

il punto chiave per me è cosa rimane.

se resta poco o niente, cosa stiamo facendo? quando invece parole e concetti entrano a far parte del nostro modo di pensare, cosa abbiamo fatto? tutte e due le volte è leggere?

mi sbilancio nel dire che una risposta unica non esiste. dipende dall’interpretazione che diamo al gesto nell’esatto momento in cui ci troviamo. la relatività del contesto, della fase, del luogo ci cambia e cambia quelle pagine.

per me – oggi – è importante non perdere tempo. è il dogma del 2021. ogni libro deve valere. non ha senso ora togliere spazio a testi che ne meritano per intestardirsi su altri che non funzionano – per noi. ci sono così tante pubblicazioni (sto per finire i sinonimi) da leggere che si fa un torto a tutti nell’insistere.

quindi, non so voi in che momento vi troviate ma se volete leggere di più, il mio consiglio è di cercare libri che abbiano un potenziale significato e non siano solo degli strumenti per prendere sonno o per dimenticare quello che non va. un valore che volete ritrovarvi, che desideriate resti con voi, tanto da far mettere in moto tutte le attività – consapevoli e non – necessarie per immagazzinarne i concetti.

per me sta funzionando, tanto da spingermi a trovare modi e vie per salvarmi tutto quello che voglio resti con me. si, perché non mi fido delle mie capacità mnemoniche, per cui meglio aiutarsi attraverso strumenti e tecniche (anche banali) per trattenere fino ad assorbire. (se volete, si voi voi, magari se ne parlerà in un altro post).

p.s.

se vi viene in mente qualche altra risposta alla domanda inziale, e vi va di condividerla, l’aggiungerò all’elenco.

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FARE SOLDI

il sottotitolo è “stop buying dumb things” 101 modi per diventare ricchi.

questo è IL proposito dei propositi.

non ha nulla a che vedere con il minimalismo quanto piuttosto sul non essere completamente scemi. se guardo nel mio armadio, sulla mia scrivania, sul comodino vedo un cimitero di cose comprate, anche a due lire, rimaste a prendere polvere e spazio.

l’esempio più lampante ve lo posso fare con le magliette. ho un quantitativo senza senso di magliette (per poi utilizzare sempre quelle là) e quel numero è senza logica dopo aver compiuto un’attenta selezione ed eliminato l’eccedenza dell’eccedenza per recuperare dello spazio vitale.

iniziamo da qua, facciamo che per il 2021 non ne comprerò di nuove. facciamo che ogni volta che vedrò un advertising passerò oltre.

anzi facciamo che investirò su di me, su questa forma di resistenza.

studio marketing ormai da un po’, conosco i meccanismi che si mettono in atto quando la profilazione mi piazza davanti agli occhi oggetti che fino a un secondo prima non mi servivano e non pensavo minimamente di acquistare.

vedo la struttura dietro a quella proposta, le leve in azione, e quindi so che serve un modello da contrapporre. so che è necessaria un sfida attiva piuttosto che passiva per combattere l’acquisto compulsivo (cioè spesso inutile).

ed ecco qua il modello resistenza20%. il nome me lo sono appena inventato per cui abbiate pazienza se non suona molto seducente.

la procedura prevede questi passi:

  1. appena spunta l’oggetto (che sia un ads su facebook, un video su youtube, una sponsorizzata su instagram, una pubblicità su una canale tv o lo scaffale di un negozio) RIMANDARE qualsiasi azione di 24h. solo 24. in modo da far calare la dopamina e riportare l’emotività in uno stato normale.
  2. razionalizzare l’utilità reale dell’oggetto.
  3. mettere in contrapposizione i soldi con l’oggetto. in pratica valutare se fossimo messi davanti ad una scelta cosa vorremmo. voglio quella felpa o 80,00 euro? considerato che 80,00 euro sono X ore di lavoro.
  4. investire su se stessi. ovvero rendere quel non acquisto un valore monetario, cioè mettere da parte un quota dell’importo risparmiato, nella misura del 20%. tutti i 20% salvati andranno a fare cumulo in un sottoconto separato, un salvadanaio, chiamatelo come volete.

il risultato ideale sarà di non aver:

  • sperperato soldi
  • comprato cose inutili
  • riempito spazio di casa
  • provato sensi di colpa post acquisto

ma soprattutto aver messo da parte un cifra che, a seconda di quanto sarà grande, potrà avere una destinazione più sensata.

infine quando vedrò quel numero saprò che ci sarà un relativo 80% rimasto nelle mie tasche.

settori a cui applicare il modello? quasi tutti dal vestiario, alle cose di mangiare fino al tech. resteranno fuori i libri. per i libri non c’è resistenza che vinca.

2021 – buoni propositi

quest’anno ho deciso di averne.

sono sempre stato contrario alle dichiarazioni di intenti, vuoi le pressioni, vuoi l’illudersi all’inizio e il deludersi alla fine. ne ho fatto a meno volentieri.

mi sono reso conto però che si può cambiare. come e quanto è tutto da vedere ma piccoli, magari significativi, movimenti sono alla portata.

da 3 anni mi alleno, con costanza e impegno, mi sento strano se non lo faccio ma prima di cominciare avrei pagato di tasca mia per non muovere un muscolo e sentirmi a posto con la coscienza.

questa è la dimostrazione immediata, la prova che metto sul banco. io sono quella persona. sono lo stesso individuo che se trova una ragione, una soddisfazione, un perché può fare.

PRIORITA

il segreto è nel concetto di priorità. non dipende solo dal possibile ma anche – e in alcuni casi di più – da quanto è importante, vitale, essenziale.

siamo convinti che la nostra giornata sia piena, strapiena. se guardiamo attentamente ai dati però potrebbe venire fuori una realtà leggermente diversa, ovvero una sequenza codificata (routine) di quello che ci va bene ci sia.

mi sono ripromesso di trovare del tempo da prioritizzare iniziando dal cambiare un numero, quello che ho estrapolato andando nelle impostazioni dello smartphone alla voce benessere digitale. quel numero indica una quota di minuti, spesso ore, destinate a nessuna attività se non scrollare, ripassare su post già visti, farsi venire la bile leggendo tweet di gente di cui non ci interessa nulla.

i social sono utili e ci tengono in contatto con la nostra rete di amici, internet è una fonte inesauribile di conoscenza ma c’è una dispersione di tempo incredibile e se voglio recuperarne un po’ per fare altro quello sarà il primo numero da cambiare.

il secondo viene fuori sempre dal primo. i minuti persi nel nulla oltre che essere reinvestiti direttamente in altre attività, possono essere fonte indiretta di altro recupero organizzando meglio il tempo della giornata. 24 ore sono tante ma se non gestite voleranno via nelle abitudini.

uno dei propositi per il 2021 è di leggere di più. più romanzi, saggi, articoli, biografie e anche ascoltare dei podcast. perché? perché mai come in questa fase sento il bisogno di saperne di più, di allungare lo sguardo. di arrivare altrove.

Il 2020 è stato importante perché mi ha fatto incontrare libri che mi hanno segnato e oggi sono un po’ – chissà quanto – diverso da prima. lo sono grazie a quelle parole.

ognuno di questi testi, con il suo ecosistema ha smosso qualcosa. manipolato e allargato come fosse pongo una struttura fino a prima diversa, i confini di un pensiero che, per me, è importante non si adagi mai su se stesso.

certo ci sono stati libri meno interessanti, altri trascurabili e se c’è una cosa che devo ancora imparare a fare – e che nel 2021 metterò in pratica – è abbandonare ciò che non vale la pena. è un atto forte ma come tutte le azioni va allenata.

un altro sarà scrivere di più. no, non sono impazzito. non mi è venuta voglia di diventare ciò che non sono ma dovrò scrivere per allenarmi, perché mi servirà per lavoro e quindi devo semplicemente farlo di più rispetto ad ora.

ci sono alcune cose da mettere in moto.

terzo ed ultimo proposito, esserci di più e per una persona introversa è forse, tra tutte, l’azione più sovversiva e difficile da fare. si tratta di far compiere uno sforzo a una parte del cervello che non vorrebbe proprio cedere. ma stiamo vivendo tempi difficili e privarsi delle persone, del confronto e del sostegno ravvicinato è cosa dura da sopportare.

la pandemia con le sue restrizioni ci ha costretti ad una socialità diversa, piatta, a 2 dimensioni, facendoci usare solo 2 sensi e mezzo. non so voi ma sono troppo vecchio per ridefinire anche il concetto di comunità. il mondo corre veloce e sarà compito dei millenial inseguire nuove forme aggregative, nuovi modi di comunicare e interagirsi.

io ho solo voglia di tornare a bere una birra seduto accanto alle persone che vorrei avere vicino, senza immaginarla come un’azione pericolosa.

questo dovrà essere il buon proposito di tutti quanti, far tornare normale quello che è sempre stato normale.

blade runner un film – il film – un libro – i libri

questa è difficile da spiegare, ci provo.


blade runner di ridley scott è – senza dubbio – il mio film preferito. ho visto la final cut non so quante volte. perché? perché è un noir con sfumature hard boiled, perché ha dei fotogrammi fantastici, dei protagonisti con un carisma che oltrepassa lo schermo, una regia sopraffina (forse il picco di scott) e verte su un gioco di chiaro/scuri nei significati in grado di irretire chi guarda.


ma questo mettiamolo da parte.

ieri ho finito di leggere un libro di william burroughs dal titolo blade runner, a movie.

breve, carino, per certi versi anche attuale, dato che tratta della diffusione di un virus con relativa pandemia e rivolte ma diciamo non un libro imprescindibile .

“ah il libro da cui è tratto blade runner il film”

no amici, blade runner – il film – in realtà prende il soggetto, rielaborandolo in maniera sostanziosa, da un libro di philip k. dick dal titolo do androids dream of electric sheep?.

quindi tra il libro blade runner, a movie e blade runner il film non c’è nessun legame, non fosse che, blade runner, a movie è il riadattamento, sottoforma di sceneggiatura cinematografica, di un libro di alan e. nourse dal titolo thebladerunner (in italiano il medicorriere).

possiamo chiudere il cerchio? tra un attimo.

ridley scott ritenendo che do androids dream of electric sheep? non andasse bene da mettere sui cartelloni pubblicitari per due ragioni 1) era troppo lungo; 2) riprendeva uno dei concetti del libro non presenti nel film, chiese i diritti per utilizzare thebladerunner – quindi dal libro di nourse – come titolo del film.

p.s. il concetto di blade runner del film di scott non ha nulla a che vedere con il blade runner dei libri due libri. il primo è un cacciatore di androidi, i secondi sono dei medicorrieri, cioè dei corrieri che trafficano e smerciano materiale sanitario clandestino.

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la politica ai tempi del covid è la stessa identica di prima. viviamo le condizioni della pandemia imprecando alle (pseudo)soluzioni individuate dal governo. ci dividiamo con rabbia su come ci si debba comportare ma nessuno si gira a guardare l’elefante nella stanza. nessuno ha il coraggio di dire la banale verità: la struttura su cui poggia la società è dannatamente fragile, talmente esile da non riuscire a supportare il peso degli eventi. possiamo continuare a fare finta di nulla, pensare che esistano delle idee strabilianti che i vari governi d’europa non vogliano prendere per ragioni incomprensibili ma non è così. la politica è schiacciata – totalmente – sulle logiche dell’economia. ciò che siamo oggi è il frutto di decenni di neoliberismo sfrenato. tanto dominante da far scivolare la figura dell’essere umano dietro all’icona del mercato. siamo talmente finiti dietro rispetto all’importanza della produzione di ricchezza che ci siamo dimenticati delle priorità. anzi non esiste più nessun dubbio su cosa debba essere salvaguardato prima, perché tutto si regge su quel flusso – assolutamente squilibrato – di denaro. non sono più nemmeno i soldi in quanto tali ad essere importanti quanto il principio ovvero l’essere umano è, e deve restare, secondo.

per accendere una riflessione insieme dovremmo eliminare alcune parole dal dialogo. parole che aprono in automatico delle categorizzazioni mentali altamente nocive al pensiero libero. mettiamoci seduti intorno a un tavolo e iniziamo a trovare dei sinonimi, o dei nuovi termini, al posto di: capitale; mercato; neo liberismo; compagni; comunismo; socialdemocrazia; varie ed eventuali.

trovo incredibile come nel 2020 a fronte degli incredibili progressi della tecnologia, dei nuovi modelli sociali diffusi, delle enormi ricchezze in giro non sia possibile immaginare qualcosa di diverso; sognare un sistema liquido, in cui il giusto compromesso tra intelligenza artificiale e umanità, consenta alle persone di vivere una vita non paralizzata dalle necessità della macchina produttiva. trovo sconfortante che ancora si guardi al passato per contrapporsi al presente – come se la nostra immaginazione fosse stata spenta, come se la spinta utopica fosse rimasta strozzata. esistono decine di futuri possibili ma non riusciamo a sognarne nemmeno uno. siamo ancorati a visioni vecchie, polarizzati tra presente e passato, depressi dai doveri incessanti, troppo stanchi anche per metterci in discussione.

libero pensiero in libero lavoro

ci scherzo, gioco quando scrivo su fb ma sono giorni intensi. per la prima volta mi trovo davanti ad un bivio lavorativo. dentro o fuori. per la prima volta sono vicino a chiudere una porta per aprire chissà cosa. non è semplice dipanare certe matasse di pensieri. scegliere. una via va verso il conosciuto ma anche verso una routine consumata, con dei punti fermi ma anche con un impegno economico importante, imbrigliante. una strada che sembra un’immagine sbiadita, come se fosse il passato. l’altra via può portare dovunque, è una scommessa senza paracadute, un’opportunità che non prevede materassi, qualcuno ci vedrebbe un antipasto di libertà. una foto ancora da scattare, senza un soggetto definito. potrei continuare nello stesso settore oppure no. come si fa a decidere? come si può non farlo? credo di potermi comunque definire fortunato nella sfortuna. non so bene perché. credo nell’onestà. credo fermamente nel lavorare bene rispettandosi ma in maniera liquida, i ruoli esistono ma, per me, il cardine è la fiducia necessaria per comprendersi. non mi piacciono gli ambienti ingessati, gli obiettivi imposti e non scelti. non vedo futuro senza passione ma solo dovere. la specializzazione è importante, ci deve essere spazio per le competenze e per il merito. c’è spazio. credo nel lavoro collettivo, nel fattor comune. non ho mai amato i bilanci, quelli economici, ma ho imparato a leggerne i limiti. queste sono alcune delle cose che ho imparato in questa vita lavorativa e che porterò con me qualsiasi direzione prenderò di quel bivio.

letture pandemiche

sono riuscito a sfruttare parte del tempo della pandemia per: terminare/inziare/terminare/continuare alcuni libri.

1] INFINITE JEST – DAVID FOSTER WALLACE

non ho molto da aggiungere alle centinaia di cartelle scritte dai fedayn del libro. di fatto ormai sono annoverabile tra le loro fila. infinite jest va dritto nella mia top five. e si che l’avevo approcciato nel peggiore dei modi: la sfida al monolite. una battaglia persa appena dopo il primo capitolo. non c’è nulla di più sbagliato che pensare di poter abbattere quel muro di pagine a colpi di cazzotti. ho perso miseramente un sacco di tempo. poi mi sono rassegnato ed è stato in quel momento di rottura che io e la storia siamo entrati in contatto. Il resto è stato lasciarsi trasportare della corrente circolare di dfw, in un vortice che ha una fine nel suo inizio. una voragine da cui una volta fuori ti senti indifeso e incontentabile .

2] LA NOTTE PIU’ LUNGA – CONNELLY

come ogni libro di connelly la storia scorre bene, bosch fa sempre il suo dovere e reneé ballard – nuovo personaggio dell’ecosistema connelly – ne è la perfetta estensione. Spero che connelly si stia preparando al definitivo passaggio di consegne, perché bosch – dopo aver peregrinato tra varie divisioni del lapd, cambiato più partner che giacche, essere andato in pensione e tornato – è un personaggio stanco, costretto ad alzarsi la mattina e fare sempre le stesse cose. controvoglia. i libri ormai sono una zona di conforto per il lettore ma anche per l’autore, sappiamo tutti cosa aspettarci e lui cosa scrivere, il fattore ac/dc, cioè lavori godibili ma non necessari, né alternativi. ad essere onesti neanche la nuova arrivata reneé – che pare una copia al femminile di bosch – riesce a scuotere una generale sensazione di aspettative già consumante. connelly ha sfruttato bene il genere forse potrebbe permettersi di osare, tentare qualcosa di vagamente diverso.

3] IL MESSIA DI DUNE – F. HERBERT

secondo libro della saga di dune di f. herbert, e siamo ben lontani dal capolavoro assoluto del primo. la discesa è netta. l’impostazione de il messia di dune è opposta rispetto a dune. se il primo era un libro errante, di movimento, di esplorazione, di scoperta, di filosofia, di ecologismo. il secondo è un libro statico, dove il 90% del raccontato avviene in unico luogo e molto nelle teste dei personaggi. il libro mi è sembrata una nobile trappola tirata da herbert per raccontarci il suo punto di vista su alcuni temi come il governare, la democrazia, lo scorrere del tempo, l’inevitabilità della storia. il ché potrebbe anche dare bene se il tuo predecessore non fosse dune, un libro totale, e questa non fosse una saga. intendiamoci il messia di dune resta un buon libro ma se il primo è in top five, questo sta – appunto – tra i buoni libri. per cui se non avete letto nulla del ciclo di dune il mio consiglio è di recuperare il primo libro e poi fermarvi a riflettere.

4] MILANESI BRAVA GENTE – MATTEO LIUZZI E TOMMASO BERTELLI

se come me siete appassionati dei generi: poliziesco, investigativo, hard boiled dovete leggerlo. si tratta di brevi storie vere; di come la mala milanese e le forze dell’ordine hanno iniziato a fronteggiarsi nella milano del dopoguerra. sono racconti lunghi una decina/ventina di pagine, strutturati con un linguaggio diretto e leggero, un hard boiled moderno. ogni racconto fugge via rapidamente, non c’è la pesantezza della cronaca nera. si trova anche qualche personaggio ricorrente come il commissario nardone. il libro nasce come riproduzione su carta del programma che va in onda su radio popolare e la trasposizione su carta è davvero fluida, il vero punto forte del libro, perché la forma del racconto vocale si percepisce durante la lettura, e la cosa funziona. non vedo l’ora di leggere il secondo.

5] REALISMO CAPITALISTA – MARK FISHER

non riesco a trovare le parole giuste per questo libro, per cui mi affido ad altri.

versione light

versione extended

il cielo senza aerei

il lockdown è terminato dopo più di due mesi. siamo usciti da una situazione assurda, per certi versi impensabile. ricordo i primi giorni con le strade vuote, poche persone in giro a piedi, macchine delle forze dell’ordine in giro a controllare che la desertificazione fosse rispettata. poi ci siamo un po’ abituati, perché l’essere umano si adatta, così non fosse ci saremmo estinti in guerre civili.

un’immagine me la terrò come ricordo di questo pezzo di vita: il cielo senza aerei di notte. ogni sera quando portiamo i cani fuori per l’ultima passeggiata guardo verso l’alto. metà tragitto lo faccio con il collo piegato all’indietro. non so perché, in fondo non si vede poi molto, qualche nuvola, un’orsa maggiore e, prima della pandemia, una quantità senza senso di luci rosse intermittenti – si, gli aerei.

nelle ultime settimane il cielo è stato più terso che mai, spesso senza nuvole, pieno di stelle ma allo stesso tempo vuoto, terribilmente vuoto. in tutti e 70 questi giorni avrò visto 3 aerei, cioè niente. non so dirvi perché ma questa assenza l’ho notata ogni singola sera, e mi è pesata e mi è piaciuta. poi pensavo sempre ad emiliano, perché è così che va.

vittime e carnefici

Le vittime del covid sono le vittime del covid. Le vittime post covid sono vittime di un sistema che non è, non sarà, in grado di dare sostentamento al suo popolo a causa di due mesi di fermo, nemmeno totale. Quel sistema si chiama capitalismo non Italia, Svezia o Belgio. È molto facile dare la colpa al runner, a chi non indossa la mascherina, chi vuole riaprire, chi vuole chiudere, al vigile che c’è o che non c’è, al sindaco, al governatore, ai bambini. E’ fattibile perché sono persone e sono alla nostra portata. Come noi reagiscono agli eventi, come noi a volte sbagliano, altre no. È lo stesso meccanismo che ci porta a prendercela con la vittima che non denuncia invece che con l’aggressore che sia la mafia, che sia uno stato.

Come si fa allora a riconoscere la responsabilità di chi non si vede? di chi, o cosa, permea talmente tanto la nostra esistenza da esserne essa stessa? siamo dentro una struttura così pervasiva da non riuscire a vederne i contorni. Questo è il capitalismo, un sistema che non prevede più discussioni sulla sua esistenza. E’ un dato di fatto. E’ accettato che la realtà sia questa. Ogni immagine alternativa è stata soppressa.
Ogni giorno conviviamo con una forte pressione, il riconoscimento del nostro valore. Siamo qualcuno grazie al modo in cui siamo inseriti all’interno di questo organismo. Siamo qualcuno nel momento in cui lavoriamo. Ci viene riconosciuto un valore nel momento in cui soddisfiamo dei parametri che non abbiamo scelto noi, che ci vengono imposti dal ritmo della produzione. La nostra qualità viene misurata sulla quantità, quanto abbiamo fatto più di ieri. Saremo bravi quando avremo permesso al sistema di conquistare un pezzo in più di qualcuno o di qualcosa. Eppure esistono dei confini oltre i quali non si può più erodere spazio, esistono delle capacità umane che nulla hanno a che vedere con l’aggiungere guadagno al guadagno. La tensione tra questi limiti naturali e le richieste imprescindibili del sistema produce una pressione che può diventare depressione, che può diventare malattia, che può trasformare una persona qualsiasi in un essere inadeguato. Uno stato non in grado di sostenere il suo popolo in uno dei momenti più cupi e difficili della sua ultima storia è uno stato che si dimostra vittima e carnefice. Uno stato che va in crisi per un fermo delle attività produttive ma non umane è uno stato ingranaggio di un sistema privo di equilibrio, dove la massa si muove per creare agio per una minoranza. Ce la prendiamo con noi stessi e con i nostri vicini, coloro che si vedono dentro lo specchio ma non riusciamo più a vedere lo specchio.